


Bosco Niscemi
Riserva Naturale Orientata della Favorita e di Monte Pellegrino - Zona A -
"Si è deciso di pubblicare un 'libretto' come sintesi di un esperimento politico e sociale ideato e avviato da un gruppo di cittadini riuniti in un Comitato Cittadini spontaneo. Si tratta di una semplice raccolta di dati recuperati dalla rete e 'confezionati' come informazioni sullo stato di una porzione della Riserva Naturale Orientata di Monte Pellegrino e dell'ex tenuta borbonica, riserva di caccia reale, chiamata 'Favorita', con particolare riferimento al Bosco Niscemi situato al suo interno. Non pretende di essere una 'ricerca', ma è semplicemente un tentativo sentito di fornire informazioni chiare su una serie complessa di questioni che riguardano un'importante area della città di Palermo. L'ex tenuta dei Borbone, fondata all'inizio del 1800 e conosciuta come 'La Favorita', custodisce tesori di inestimabile valore che intendiamo proteggere, in quanto eredi di un lascito dei nostri antenati."
1. Premessa - La riserva della Favorita, originariamente nota come Real Tenuta della Favorita, è un eccezionale e vasto bosco cittadino, ricco di percorsi sterrati, campi coltivati e elementi architettonici di pregio. È stato incluso all'interno della Riserva Naturale Orientata Monte Pellegrino dal 1996, la quale è stata istituita e designata come sito di interesse comunitario.
Questo parco è un serbatoio di eccezionali tesori floreali grazie alle specie che vi sono conservate.
Nel cuore del Parco della Favorita, si offre agli occhi dei visitatori l’inaspettato, lussureggiante e intricato bosco Niscemi, un serbatoio di biodiversità in pieno centro urbano. Il bosco Niscemi, esteso su 8,50 ettari, è una porzione inserita nella zona A della Riserva Naturale “Monte Pellegrino”.
Si tratta di un ceduo invecchiato costituito da lecci (Quercus ilex), filliree (Phillyrea latifolia), corbezzoli (Arbutus unedo) nello strato arboreo e da altre specie della macchia come il terebinto (Pistacia terebinthus), lentisco (Pistacia lentiscus) e il viburno (Viburnum tinus) nello strato arbustivo. Tra le specie arboree sporadiche sono presenti il bagolaro (Celtis australis), l’orniello (Fraxinus ornus) e l’albero di giuda (Cercis siliquastrum). Il bosco è suddiviso in "quartine", che probabilmente coincidevano con le sezioni di taglio del ceduo per la produzione di legna da ardere e carbone.
"Purtroppo, non possiamo ignorare la grave incuria e l'abbandono che hanno spinto un gruppo di cittadini a non cedere di fronte al degrado, promuovendo un'iniziativa spontanea, popolare e profondamente civica. La loro missione è ripulire il bosco dai vergognosi cumuli di rifiuti, proteggerlo e preservarlo integro e sano, per consegnarlo in eredità alle future generazioni."
2. La nascita - La storia del Parco della Favorita, in quanto tenuta reale, inizia nel 1799, a seguito delle complesse vicende storiche scaturite dalla Rivoluzione francese. Il 17 giugno 1789, i delegati del Terzo Stato si riunirono in assemblea e si autoproclamarono gli unici rappresentanti della nazione francese. Questi eventi influenzarono profondamente gli equilibri secolari in Europa e coinvolsero anche Ferdinando III, re di Napoli, noto come Ferdinando IV di Sicilia o Ferdinando I re delle Due Sicilie. La denominazione di "Regno delle Due Sicilie" fu voluta dallo stesso Ferdinando e sancita dal Congresso di Vienna nel 1816.
Questi eventi costrinsero il re Borbone a trasferirsi a Palermo, che per un breve periodo divenne la capitale del nuovo Regno. Una volta giunto in città, Ferdinando acquistò e prese possesso di vari terreni d'interesse, tramite espropri e indennizzi corrisposti ai Marchesi Ajroldi, ai Baroni Lombardo Della Scala e ai Marchesi Vannucci. Nell'aprile di quell'anno iniziarono le prime fasi di trasformazione, con la delimitazione dei confini della tenuta. Già il 7 gennaio 1799 era stato emesso un bando che vietava la caccia in quei fondi. Subito dopo, furono avviati i lavori di sistemazione del parco, con la realizzazione di percorsi di caccia e la piantumazione di varie essenze in vaste aree destinate alla sperimentazione agraria.
Tra i fondi espropriati, oltre a quelli degli Ajroldi, Della Scala e Vannucci, vi erano anche i terreni di Malvagno, Niscemi, Rocca Pietratagliata e Salerno. Questi ampi terreni furono uniti in un'unica riserva, allo scopo di fornire al re un luogo per la caccia e per le sue amate sperimentazioni agricole.
Attualmente, il parco copre una superficie di 4 km² ed è il quarto parco italiano per estensione. Il nome "Favorita" fu probabilmente scelto in omaggio alla duchessa di Floridia, Lucia Migliaccio, con cui Ferdinando intratteneva una relazione amorosa segreta. Tuttavia, è anche possibile che il nome faccia riferimento alla riserva di Portici, dalla quale Ferdinando fu costretto a separarsi.
Oltre al suo interesse per la gestione del parco, il re incaricò l'architetto Giuseppe Venanzio Marvuglia di ristrutturare una "Casena", una struttura in legno di stile vagamente orientale, acquistata insieme alla tenuta dal barone della Scala, Giuseppe Lombardo. La nuova costruzione fu realizzata in muratura, combinando lo stile orientale con elementi pompeiani e del neoclassico stile Impero. Marvuglia supervisionò i lavori di ricostruzione della villa e delle aree circostanti, tra cui l'acquedotto per portare l'acqua del fiume Gabriele nel giardino e nel parco. Furono costruite anche scuderie e altri edifici per la corte reale.
La tenuta reale fu originariamente destinata alla caccia e agli esperimenti agricoli, con coltivazioni di agrumi, olivi, frassini, noci e sommacco.
Il bosco di lecci e lentisco ospitava fagiani, pernici, beccacce e conigli, mentre i canali irrigui venivano utilizzati anche per la pesca. Una parte della tenuta fu destinata a esperimenti di volo, utilizzando palloni e mongolfiere.
Nel 1802, Marvuglia progettò l'area retrostante la casina, arricchendola con un labirinto e un giardino all'inglese. L'impianto del giardino comprendeva un parterre all'italiana e un bosco informale, dove venne costruito un "coffee house" con copertura a pagoda. Alla realizzazione parteciparono anche Giosuè Durante, Ignazio Figlia ed Emanuele Alessandro Marvuglia. I lavori di sistemazione del parco e della casina proseguirono per diversi anni, con ripetuti restauri, soprattutto della villa stessa.
Nel 1860, a seguito dell'aggressione anglo-sabauda e della conseguente sconfitta della dinastia borbonica, la tenuta passò nelle mani dei Savoia, che aprirono il parco al pubblico e lo utilizzarono per eventi sportivi e mondani. In quell'anno, la Real Tenuta della Favorita entrò a far parte del patrimonio della Casa Savoia come bene della Corona. Nel 1877, il parco fu ceduto al Demanio dello Stato e, nel 1920, la Casa Reale rinunciò definitivamente all'usufrutto del parco. La tenuta fu suddivisa in quattro aree, assegnate a diverse amministrazioni: il giardino con la casina fu affidato al Ministero della Pubblica Istruzione, mentre il parco passò sotto la gestione del Comune di Palermo. Nonostante vari tentativi di riqualificazione, il complesso verde subì un lento declino e abbandono nel corso degli anni.
3. Vicende urbanistiche del Parco della Favorita. Nel 1802, Marvuglia progettò l'area retrostante la casina, arricchendola con un labirinto e un giardino all'inglese. L'impianto del giardino comprendeva un parterre all'italiana e un bosco informale, dove venne costruito un "coffee house" con copertura a pagoda. Alla realizzazione parteciparono anche Giosuè Durante, Ignazio Figlia ed Emanuele Alessandro Marvuglia. I lavori di sistemazione del parco e della casina proseguirono per diversi anni, con ripetuti restauri, soprattutto della villa stessa.
Nel 1860, a seguito dell'aggressione anglo-sabauda e della conseguente sconfitta della dinastia borbonica, la tenuta passò nelle mani dei Savoia, che aprirono il parco al pubblico e lo utilizzarono per eventi sportivi e mondani. In quell'anno, la Real Tenuta della Favorita entrò a far parte del patrimonio della Casa Savoia come bene della Corona. Nel 1877, il parco fu ceduto al Demanio dello Stato e, nel 1920, la Casa Reale rinunciò definitivamente all'usufrutto del parco. La tenuta fu suddivisa in quattro aree, assegnate a diverse amministrazioni: il giardino con la casina fu affidato al Ministero della Pubblica Istruzione, mentre il parco passò sotto la gestione del Comune di Palermo. Nonostante vari tentativi di riqualificazione, il complesso verde subì un lento declino e abbandono nel corso degli anni.
3. Vicende urbanistiche del Parco della Favorita. Come accennato in precedenza, il parco monumentale della Favorita faceva parte della proprietà reale del Regno delle Due Sicilie e passò alla Casa Reale dei Savoia dopo la sconfitta dei Borbone. Il parco della "Real Favorita" è iscritto nella scheda 280 della proprietà demaniale dello Stato e "dovrebbe" essere gestito dal Comune di Palermo.
Già dal Piano Regolatore Generale (P.R.G.) del 1962, era evidente che la gestione del verde pubblico in città era piuttosto discutibile. Il P.R.G. del 1962 prevedeva una vasta area di verde pubblico che includeva la tenuta reale della Favorita e una buona parte del sistema montuoso del Monte Pellegrino. Tuttavia, sebbene i due grandi sistemi di verde pubblico previsti fossero stati realizzati, mancava una rete di verde pubblico diffuso all'interno dei quartieri residenziali.
Un'altra problematica che ha interessato il Parco della Favorita riguarda gli "affittuari" istituiti per l'uso agricolo dei terreni. A partire dagli anni '60, questa situazione è stata al centro di lunghe vicende giudiziarie a causa della resistenza degli occupanti alle ordinanze di sgombero emesse dal Comune e dei numerosi tentativi di ottenere la legittimazione del possesso dei terreni.
La legge regionale n. 14 del 1988 istituì il complesso ambientale composto dal Parco della Favorita e dal Monte Pellegrino, dichiarati Riserva Naturale Orientata dalla Regione Siciliana. Il Parco della Favorita costituisce la zona B della riserva, detta "pre-riserva", con l'eccezione del Bosco Niscemi, che rientra nella zona A. La stessa legge prescriveva la redazione di un "Piano di Utilizzazione", un vero e proprio piano particolareggiato per queste aree.
Il Comune di Palermo avviò il processo di pianificazione, incaricando l'Assessorato al Territorio e la Ripartizione Urbanistica (Gruppo IV) di redigere un "Piano di Utilizzazione della zona B della Riserva Naturale Orientata Monte Pellegrino", che venne completato nel 2001 e concluso dal punto di vista amministrativo solo nel 2014.
Come accennato in precedenza, il parco monumentale della Favorita faceva parte della proprietà reale del Regno delle Due Sicilie e passò alla Casa Reale dei Savoia dopo la sconfitta dei Borbone. Il parco della "Real Favorita" è iscritto nella scheda 280 della proprietà demaniale dello Stato e "dovrebbe" essere gestito dal Comune di Palermo.
Già dal Piano Regolatore Generale (P.R.G.) del 1962, era evidente che la gestione del verde pubblico in città era piuttosto discutibile. Il P.R.G. del 1962 prevedeva una vasta area di verde pubblico che includeva la tenuta reale della Favorita e una buona parte del sistema montuoso del Monte Pellegrino. Tuttavia, sebbene i due grandi sistemi di verde pubblico previsti fossero stati realizzati, mancava una rete di verde pubblico diffuso all'interno dei quartieri residenziali.
Un'altra problematica che ha interessato il Parco della Favorita riguarda gli "affittuari" istituiti per l'uso agricolo dei terreni. A partire dagli anni '60, questa situazione è stata al centro di lunghe vicende giudiziarie a causa della resistenza degli occupanti alle ordinanze di sgombero emesse dal Comune e dei numerosi tentativi di ottenere la legittimazione del possesso dei terreni.
La legge regionale n. 14 del 1988 istituì il complesso ambientale composto dal Parco della Favorita e dal Monte Pellegrino, dichiarati Riserva Naturale Orientata dalla Regione Siciliana. Il Parco della Favorita costituisce la zona B della riserva, detta "pre-riserva", con l'eccezione del Bosco Niscemi, che rientra nella zona A. La stessa legge prescriveva la redazione di un "Piano di Utilizzazione", un vero e proprio piano particolareggiato per queste aree.
Il Comune di Palermo avviò il processo di pianificazione, incaricando l'Assessorato al Territorio e la Ripartizione Urbanistica (Gruppo IV) di redigere un "Piano di Utilizzazione della zona B della Riserva Naturale Orientata Monte Pellegrino", che venne completato nel 2001 e concluso dal punto di vista amministrativo solo nel 2014.
4. Descrizione geomorfologica. L'estensione attuale del parco corrisponde più o meno alle dimensioni del parco originariamente voluto e tracciato, nel suo perimetro, dal sovrano Borbone, sebbene alcune aree periferiche siano state inglobate dall'espansione urbana della città, soprattutto nel periodo successivo alla Seconda guerra mondiale. Il Parco della Favorita fa parte della Riserva Naturale Orientata della Favorita e di Monte Pellegrino, occupando una superficie di circa 280 ettari, su un totale di poco meno di 1000 ettari che rappresentano l'intera estensione della Riserva.
Il parco confina a est con il fianco di Monte Pellegrino, che si eleva sopra la pianura e si unisce al limite del parco, offrendo una vista panoramica di rara bellezza, celebrata da numerosi viaggiatori del XVIII e XIX secolo.
A sud, il parco è delimitato dai quartieri Monte Pellegrino e Libertà. A ovest, confina inizialmente con l'edilizia storica sopravvissuta alle recenti sostituzioni, che testimonia l'antico assetto delle borgate, e successivamente con il complesso di impianti sportivi realizzati lungo l'asse del Viale del Fante, i quali rientrano nel perimetro originario del parco.
Il parco è inoltre attraversato da una storica rete viaria che ha subito nel tempo modifiche nella sezione e nell'allineamento. A nord, confina con la borgata storica di Pallavicino e, in parte, con l'edilizia stagionale a bassa densità, frutto del PRG del 1962, oltre a una vasta area verde che collega la città alla borgata marinara di Mondello.
L'ex tenuta della Favorita ospita gioielli naturalistici e piccoli tesori architettonici, tra cui alcune casine di caccia, Villa Niscemi, la Fontana d'Ercole e la Palazzina Cinese. Il parco monumentale borbonico si inseriva armoniosamente nel lussureggiante scenario della Piana dei Colli, ricca di residenze patrizie circondate da orti e giardini di pregio. Villa Spina, Villa Lampedusa e il Teatro della Verdura, che si trovano all'interno del perimetro del parco, contribuiscono a creare un paesaggio di straordinaria bellezza.
Tuttavia, a causa dell'incuria delle amministrazioni e dell'avidità dei proprietari privati, si è assistito allo "smembramento" dei giardini storici, lottizzati e venduti per costruire edifici che hanno deturpato la Piana dei Colli. Questa operazione fu voluta e controllata dalle amministrazioni dell'epoca, che approvarono un Piano Regolatore concepito da menti ostili alla città.
Nel parco rimangono alcune tracce della viabilità originale e diverse preesistenze di rilievo, ma nulla resta dei corsi d'acqua artificiali, delle aiuole, delle fontane e degli ornamenti. Tuttavia, i boschi, fortunatamente dimenticati per secoli, conservano essenze arboree e floristiche uniche, restituendo alla natura il suo splendore nascosto.
All'interno del parco si trovano ancora tratti del muro di confine originale, piloni monumentali, torri d'acqua e un cancello in ferro battuto. Alcune parti delle Scuderie Reali sono state convertite in sede della Casa Natura e degli uffici comunali. L'edificio adiacente al cancello Giusino è stato adibito a sede degli uffici della Riserva, gestita dai Rangers d'Italia.
5. L’uso della Riserva della Favorita. La Riserva della Favorita è una risorsa di notevole valore ambientale e naturalistico, con potenzialità per attrarre turismo, attività sportive e ricreative. La gestione e la manutenzione della riserva sono essenziali per preservare questo patrimonio, che, nonostante le sfide, può continuare a prosperare.
Tuttavia, la mancanza di interventi organici da parte delle amministrazioni ha portato al degrado di alcune parti del parco, inclusi gli impianti sportivi abbandonati. La situazione è aggravata dalla carenza di servizi essenziali, come l'approvvigionamento idrico e la rete fognaria. Anche l'illuminazione pubblica è limitata alle strade principali. La mancanza di una sorveglianza costante ha inoltre favorito l'abbandono di alcune aree attrezzate, ora utilizzate come discariche abusive.
Nonostante queste sfide, la Riserva Naturale Orientata Regionale "Monte Pellegrino" rappresenta una risorsa naturale e culturale di inestimabile valore per la città di Palermo. La sua gestione e conservazione sono fondamentali per garantirne la sopravvivenza e l'uso sostenibile da parte della comunità.
Questa raccolta di informazioni sul Parco della Favorita e sulla Riserva Naturale Orientata Monte Pellegrino intende offrire una panoramica sufficiente della storia, della situazione attuale e delle sfide che tali aree devono affrontare.
6. Piano di Utilizzazione e Assetto Urbanistico del Parco della Favorita. Per dare attuazione alla normativa regionale che regola l’istituzione dei parchi e delle aree naturali protette, il Parco della Favorita, quale zona B della Riserva Naturale Orientata di Monte Pellegrino, è soggetto all’adozione di un Piano di Utilizzazione. Questo è definito dall’art. 22 della L.R. 98/81 e ulteriormente specificato dall’art. 23 della L.R. 14/88, che stabilisce come tali piani assumano carattere attuativo, diventando veri e propri Piani Particolareggiati (ai sensi dell’art. 12 della L.R. 71/78).
La normativa regionale successiva ha chiarito che questi Piani di Utilizzazione delle zone di pre-riserva, come la Favorita, richiedono una variante allo strumento urbanistico vigente, e la loro approvazione costituisce una variante effettiva del Piano Regolatore Generale (P.R.G.).
Nel caso del Parco della Favorita, la Variante Generale del P.R.G. adottata nel 1997 e approvata dall’organo regionale, ha classificato il parco come Parco Urbano, riconoscendone le vocazioni paesaggistiche e agricole. Le Norme Tecniche di Attuazione (art. 23) regolamentano l’uso del parco, facendo riferimento anche alle normative generali delle zone E per assimilazione.
Tra il 1999 e il 2001, l'Ufficio della Ripartizione Urbanistica del Comune di Palermo, coordinato dall'architetto Ornella Amara, ha elaborato un documento dal titolo "Piano di Utilizzazione della zona B della Riserva Naturale Orientata di Monte Pellegrino". Tuttavia, il piano presentava lacune nella gestione quotidiana del parco, come la mancata attenzione ai problemi legati all’irrigazione e alla canalizzazione delle acque, essenziali per la vegetazione storicamente presente. Inoltre, non sono state considerate soluzioni per il controllo del microclima o per il raffrescamento durante l’estate palermitana.Sarebbe stato necessario uno studio più approfondito sull’approvvigionamento idrico, sia per l’irrigazione delle colture sia per le nuove aree verdi, oltre che una chiara valutazione economica, stimando i costi di gestione in relazione al potenziale reddito generato dal parco.
7. Piano di Utilizzazione - Recupero del Paesaggio. Il paesaggio naturale non deve essere considerato solo una cornice passiva della vita urbana, ma un iettivo di un Piano di Utilizzazione deve essere la conservazione e il recupero del paesaggio naturale e culturale, rendendo l’ambiente cittadino sostenibile. Un ambiente urbano è sostenibile nella misura in cui riesce a preservare e tramandare intatti i tesori del passato. La sostenibilità non si limita alla mera conservazione, ma si estende al rispetto per il territorio, integrando elementi naturali come il verde urbano, con le sue essenze arboree e la fauna, che costituiscono una parte fondamentale della cultura e dell’identità di una città. Il paesaggio naturale non deve essere considerato solo una cornice passiva della vita urbana, ma un iettivo di un Piano di Utilizzazione deve essere la conservazione e il recupero del paesaggio naturale e culturale, rendendo l’ambiente cittadino sostenibile. Un ambiente urbano è sostenibile nella misura in cui riesce a preservare e tramandare intatti i tesori del passato. La sostenibilità non si limita alla mera conservazione, ma si estende al rispetto per il territorio, integrando elementi naturali come il verde urbano, con le sue essenze arboree e la fauna, che costituiscono una parte fondamentale della cultura e dell’identità di una città.elemento attivo che contribuisce al benessere psicofisico dei cittadini e alla rigenerazione dell’ambiente costruito. Il Parco della Favorita, in questo contesto, rappresenta un esempio ideale di come il recupero del verde e la protezione del patrimonio naturale possano coesistere con l’uso sostenibile delle risorse urbane. Preservare il paesaggio significa anche preservare la biodiversità e la storia naturale del luogo, rendendo il parco non solo un elemento visivo, ma anche una risorsa viva, che può svolgere un ruolo cruciale nella purificazione dell’aria, nella mitigazione del clima e nel miglioramento della qualità della vita per la comunità.
8. L'Arte della Progettazione dei Giardini. L'arte della progettazione dei giardini ha attraversato secoli di storia, spaziando tra tecnica, botanica e scienza della rappresentazione. Dalle ville imperiali romane di Tivoli ai giardini della Parigi contemporanea, molte personalità hanno lasciato un segno indelebile. Tuttavia, il nostro interesse si concentra sulle esperienze maturate a partire dal XVI secolo, che hanno delineato le più importanti scuole nazionali. In Francia, abbiamo Le Nôtre (XVII secolo - Vaux e Versailles) e Alphand (XIX secolo - Bois de Boulogne); in Inghilterra, Loudon e Paxton (XIX secolo - Derby, Birkenhead); in Italia, Juvara, Vanvitelli e Palma (XVIII secolo - Torino, Caserta, Palermo); in Germania, Sitte (XIX secolo), Wagner e Migge (XX secolo); negli Stati Uniti, L'Enfant (XIX secolo - Washington) e Olmsted (XIX secolo - Central Park). Negli ultimi quattro secoli, la costruzione del verde urbano ha cambiato significato, guidata dalle diverse esigenze di fruizione, dalle pressioni sociali, dalle dinamiche urbanistiche e dal rapporto con una città in costante evoluzione. Il verde urbano ha assunto forme, destinazioni e atmosfere diverse, passando dai sontuosi giardini barocchi francesi, riservati quasi esclusivamente ai sovrani e ai nobili, ai moderni parchi tecnologici aperti a tutta la cittadinanza. Il verde si è adattato a funzioni, destinazioni e forme nuove, individuando e distinguendo ruoli inediti. L'opera di Benevolo si focalizza sull'evoluzione della prospettiva come strumento di rappresentazione dell'architettura e delle gerarchie sociali nei secoli XV e XVI. Questo concetto sottende le grandiose realizzazioni sceniche in cui architettura e paesaggio stabiliscono nuove relazioni e dimensioni. Il campo d'azione si allarga fino a coinvolgere l'intero territorio.
9. Il progetto possibile. Le riflessioni di Benevolo sulla storia e l'evoluzione del modo di progettare il verde costituiscono lo sfondo su cui si articola la discussione di natura progettuale affrontata in questa “riflessione”.
Il progetto di un parco o di un giardino comprende molti aspetti e varie scale di intervento, ciascuno con molteplici sfaccettature. La dimensione dell'intervento può essere determinante, ma altrettanto importante è la destinazione finale, con una particolare rilevanza del contesto paesaggistico.
Troviamo un aspetto squisitamente urbanistico relativo al "verde" e un aspetto marcatamente architettonico, entrambi con potenziale sostenibilità.
Questo parco, fondato per volontà di Ferdinando IV due secoli fa, si trova ora stretto tra il massiccio del Monte Pellegrino e il tessuto urbano della città che lo ha circondato. Prima di esaminare i principali eventi storici, come già ricordato altrove, è necessario porre l'accento sul sistema di residenze nobiliari della Piana dei Colli di cui il parco, prima della sua creazione su iniziativa reale, faceva parte ed era ai margini.
Nel XVII e XVIII secolo, le famiglie nobili di Palermo costruirono le loro residenze estive nelle campagne circostanti la città murata, lungo le strade di penetrazione che si diramavano da essa. Ville magnifiche, di varie dimensioni e stili architettonici, punteggiavano la pianura della Conca d'Oro. Erano circondate da terreni agricoli coltivati, agrumeti e recinti in pietra bassa, con ingressi monumentali che si aprivano su prospettive di viali alberati.
Tra queste ville c'erano Villa Ajroldi, Villa Niscemi, Villa Spina, Villa Lampedusa, e Villa Bordonaro, tutte immediatamente prossime al futuro parco reale. Le descrizioni degli storici e le fotografie del primo novecento ci mostrano una natura straordinaria, armoniosamente incastonata tra le montagne che sovrastano la città, racchiudendo la Conca d'Oro e il maestoso promontorio del Monte Pellegrino. Quando Ferdinando IV, nel 1799, decide di acquisire i terreni alle pendici della montagna per creare una sua riserva di caccia, nonché un parco agricolo, il paesaggio era caratterizzato da queste maestose architetture isolate. Da esse, i viali alberati offrivano spettacolari vedute dei rilievi montuosi ricoperti di vegetazione. Era davvero un'unicità di straordinaria bellezza.
Tuttavia, a differenza di quanto fatto da Juvara alla corte sabauda con la creazione dell'incredibile prospettiva tra Rivoli e Superga e gli altri sontuosi insediamenti reali disposti attorno a Torino, o da Vanvitelli con la reggia e il parco di Caserta, dove la prospettiva inquadra la sella tra due picchi (riproponendo il confronto rinascimentale tra l'architettura della linea e l'ambiente geografico) Venanzio Marvuglia, l'architetto del re Borbone, ha esteso la riserva di caccia reale della Favorita verso le pendici del massiccio montuoso, proseguendo parallelamente lungo di essa per inglobare le proprietà circostanti. È predominante la dimensione longitudinale, sottolineata dalla dorsale del viale d'Ercole (che si estende per circa 3 chilometri, la massima distanza percepibile dalla visione prospettica dell'uomo, come notava Benevolo), terminando presso una fontana decorata con l'effigie di Ercole. Questo asse è attraversato trasversalmente dai viali di Diana e Pomona, i quali, provenendo dagli ingressi della porta dei Leoni e della Casina Cinese, terminano alle pendici della montagna, attraversando la fitta vegetazione. Questa disposizione è chiaramente radicata nella tradizione paesaggistica del Settecento, come lo è la splendida prospettiva che, partendo da piazza Niscemi, incontra la Casina Cinese e attraverso propilei e giardini all'italiana introduce i visitatori al parco. Un sentiero di caccia costeggia il margine alto del parco. In quel periodo, il paesaggio della Piana dei Colli doveva essere maestoso: colline alte circondavano una pianura rigogliosa coltivata a orti e frutteti, con prospettive che incorniciavano tre golfi e offrivano una vista spettacolare sul mare.
Per volontà del re Ferdinando, la tenuta non divenne mai un luogo per le rappresentazioni reali, ma piuttosto un parco agricolo sperimentale in cui il sovrano avviò "diverse speculazioni ed esperimenti per migliorare l'agricoltura, applicando le teorie dei moderni e più accreditati." Fino al 1850-1860, furono pubblicati avvisi d'asta sulla Gazzetta Ufficiale di Sicilia per la vendita di legname, agrumi, sommacco, vino, mandorle, carrube e fichi d'India provenienti dalla "tenuta reale.
Il periodo successivo Dopo il cambiamento di regime politico, nel 1860, la tenuta borbonica passò sotto il controllo della casa reale sabauda. Anche se mantenne in gran parte la sua caratteristica agricola, il parco perse l'attenzione del suo vecchio proprietario e divenne una riserva reale in cui si svolgevano attività ricreative e sportive, sia pubbliche che private dell'epoca. I nuovi padroni non promossero una politica di valorizzazione e tutela del parco, poiché non possedevano la "cultura" necessaria per apprezzarne la bellezza.
Nel 1920, fu proposto un progetto di Ernesto Basile per la sistemazione della tenuta reale come Parco della Città, con aree destinate agli impianti sportivi e luoghi di fruizione pubblica, oltre ad altre aree per passeggio e contemplazione. Una di queste aree, le cui linee perimetrali sono ancora visibili, era denominata "Parco delle Rimembranze." Tuttavia, il progetto in stile Liberty dell'architetto palermitano non fu mai realizzato. Questo progetto proponeva la conservazione dei percorsi e delle prospettive progettate da Marvuglia, ricollegando le tracce preesistenti del parco.
Il parco Il periodo successivo alla Seconda Guerra Mondiale Dopo la Seconda Guerra Mondiale, nel 1952, l'amministrazione bandì un concorso vinto da un gruppo di professionisti, tra cui il Prof. Arch. Vittorio Ugo, il quale suggerì di utilizzare i viali del parco per gestire il traffico veloce attraverso la città. Allo stesso tempo, furono stabiliti limiti di velocità molto bassi per gli altri percorsi del parco. Tuttavia, non furono intraprese ulteriori azioni significative per preservare e sviluppare questo enorme polmone verde, con il suo inestimabile valore storico, naturalistico e paesaggistico.
Forse è stato un bene che pochi abbiano avuto l'opportunità di apportare modifiche radicali alla tenuta dei Borbone. Il fatto che sia rimasta invariata è stato positivo poiché ci ha permesso di ereditare una “traccia” naturalistica unica. Nonostante l'abbandono e la trascuratezza, sembra che il parco ci stia inviando un messaggio, chiedendoci di proteggerlo, curarlo e amarlo, anziché trasformarlo.
La città, risultato del saccheggio e della distruzione degli orti nella Valle dei Colli, ha spesso voltato le spalle alla Favorita. La Palermo pianificata dai "corleonesi" ha ignorato il parco, o forse il parco, forse sentendo una profonda vergogna, si è nascosto da questa brutalità. Riteniamo che la seconda ipotesi sia più plausibile. Anche gli impianti sportivi, costruiti su terreni precedentemente coltivati a sommacco, sono orientati verso la città e mostrano il loro lato posteriore al parco. Preferiscono dialogare con la città caratterizzata da alti edifici residenziali lungo il Viale del Fante. Non cercano di fondersi o integrarsi con la natura circostante, poiché fortunatamente il parco li respinge, con disgusto.
10. Modificazione o manutenzione. Da un punto di vista ideologico, respingiamo qualsiasi tentativo di trasformare il parco in un'enorme area pavimentata, urbanizzata e curata, seguendo l'esempio dei bellissimi giardini delle città dell'Europa orientale o settentrionale. Re Ferdinando si rivolterebbe nella tomba. Il destino di questo parco è quello progettato e voluto dai Borbone e disegnato da Marvuglia. La tenuta deve mantenere le sue caratteristiche di riserva per la caccia, il ristoro e l'agricoltura sperimentale. Gli interventi necessari, a nostro avviso, sono principalmente di manutenzione: pulizia dei sentieri, ripristino dei vecchi corsi d'acqua, illuminazione sobria alimentata da cavi sotterranei, una rete internet senza cavi e telecamere di sorveglianza discrete e piccole, che utilizzino energia sostenibile.
11. Conclusioni. Certamente, possono essere trovate soluzioni per integrare i borghi storici rimasti nelle trame verdi esistenti, cercando di realizzare corridoi verdi che colleghino queste aree vicine in un unico percorso verde, storico e urbano. Potremmo anche tentare, attraverso artifici architettonici e scenici, di pensare a un possibile “dialogo” con l’edilizia speculativa che delimita il parco.
Le piste ciclabili già esistenti seguono i vecchi percorsi settecenteschi e necessitano solo di pulizia. In definitiva, il parco richiede un progetto manutentivo dettagliato che tenga conto della sua unicità.
Bibliografia:
Comune di Palermo Protezione Civile Riserva terrestre della Favorita Art. 40, c. 2, d.lgs. n. 33/2013;
MUNICIPIO DI PALERMO ASSESSORATO AL TERRITORIO RIPARTIZIONE URBANISTICA GRUPPO VI PIANO DI UTIUZZAZIONE DELIA ZONA B DELLA R.N.O. MONTE PELLEGRINO;
CITTA’ DI PALERMO ASSESSORATO AMBIENTE E VIVIBILITA’ PIANO DI LAVORO PER LA REALIZZAZIONE E GESTIONE DEL PARCO DELLA FAVORITA. IL PARCO DELLA FAVORITA A PALERMO: PROPOSTE DELLE ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE WWF MOBILITA.ORG PALERMO;
La riqualificazione delle aree verdi come elemento strategico dello sviluppo urbano sostenibile Il caso di Palermo: simulazioni progettuali delle connessioni tra il parco della Favorita, i tessuti urbani esistenti e il sistema paesaggistico unitario della riserva di Monte Pellegrino Prof arch. MANFREDI LEONE;
RISERVA NATURALE ORIENTATA MONTE PELLEGRINO;
PALERMO FELICISSIMA.